Fin dalla fondazione, l’intento delle Wiener Werkstätte era quello di creare uno stretto rapporto fra la fase progettuale, che deve essere legata a un’effettiva conoscenza dei materiali e delle tecniche, e quella esecutiva.
Le loro creazioni dalle linee asciutte e compatte, lavorate in superficie, rinnovarono il gusto nei vari settori dell’attività artistica, dall’arredamento ai gioielli, anticipando così l’operazione di industrial design attuata dal Bauhaus, scuola fondata a Weimar da Walter Gropius nel 1919, al fine di integrare ricerca estetica e produzione industriale.
L’artista che tradusse le teorie della scuola di Weimar nell’ambito orafo fu Naum Slutzky (1894-1965) che creò monili con materiali poveri dalle forme vagamente geometriche.
La Secessione viennese, nota Graziella Folchini Grassetto, «definisce il ruolo della creatività in gioielleria» in quanto la figura dell’artista-artigiano è esaltata nella sua inscindibile specificità, e il ruolo dell’ideatore è equiparato a quello dell’esecutore in un inseparabile binomio: qualora l’artista sia privo delle capacità tecniche per la realizzazione dell’opera, egli si avvale del contributo dell’artigiano in uno stretto connubio sperimentale.
Questa era la vera novità per l’epoca. Allora le grandi case di gioielleria producevano pezzi di oreficeria dallo stile unico e ben riconoscibile, frutto di un lavoro d’equipe tra artisti-orafi, progettisti, scultori, tagliatori, cesellatori e altri, posti sullo stesso piano. Fu con la Secessione viennese che l’artista-orafo conquistò una posizione privilegiata al di sopra di tutti.
Secondo, invece, Lara Vinca Masini la prima rivoluzione, nel secolo scorso, nell’ambito del gioiello, si verificò con l’Art Déco, nel momento in cui le linee del gioiello si erano fatte più nette, seguivano una nuova e diversa formatività geometrica.